“Trieste ha una scontrosa /grazia. Se piace, /è come un ragazzaccio aspro e vorace, / con gli occhi azzurri e mani troppo grandi/ per regalare un fiore; / come un amore / con gelosia”.
Così Umberto Saba, Trieste, da Trieste e una donna, raccolta di cento anni fa. In partenza per Trieste e da lì verso l’Istria, ricordo ancora altri versi, da Città vecchia. In questo territorio, tormentato dalle due guerre, dalla difficile convivenza di diverse etnie, mi accompagnano i giovanissimi Carlo Michelstaedter (goriziano) e Scipio Slataper (triestino), oltre al grande scrittore sloveno Boris Pahor.
Spesso per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io, ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane
impazzita d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la vita.
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